Venerdì 3 Marzo, il Leomagazine ha avuto il piacere di intervistare una delle giovani promesse dell’ambiente cinematografico e teatrale italiano, Giulio Pranno. Nasce nel 1998 a Roma ed è da sempre appassionato al mondo dello spettacolo. Inizia a 12 anni a frequentare il teatro, per poi proseguire gli studi di recitazione durante gli anni del liceo. Il suo esordio avviene nel 2016, con la rappresentazione del dramma Hikikomori di Katia Ippaso, nel quale interpreta un ragazzo che vive in modo doloroso le pressioni autoritarie del padre, finendo per chiudersi in camera. Nonostante non sia riuscito a passare le selezioni di una accademia, viene scoperto da Gabriele Salvatores, il quale gli assegna il ruolo di Vincent, un ragazzo affetto dall’autismo, nel film Tutto il mio folle amore, che segna il suo esordio cinematografico e con il quale si aggiudicherà il premio Guglielmo Biraghi, premio assegnato annualmente a dei giovani attori che si sono rivelati nell’ambito del cinema italiano. Nel 2021 avviene la sua seconda collaborazione con Salvatores, recitando nel film Comedians, che parla di sei aspiranti comici che cercano di dare una svolta alla loro vita vincendo una gara per entrare nell’agenzia di spettacolo di Bernardo Celli; qui interpreta il ruolo di Giulio Zappa, un giovane insofferente delle “paturnie” dei suoi colleghi più grandi. Lo troviamo anche nei film Scuola Cattolica di Stefano Mordini e Security di Peter Chelsom. Per quanto riguarda la sua carriera teatrale, tra il 28 Febbraio e il 5 Marzo, ha interpretato in modo magistrale Nicola, il protagonista dell’opera teatrale Il Figlio, di Florian Zeller, un ragazzo che vive con grande sofferenza la separazione dei suoi genitori. Nonostante fosse impegnato poco dopo con una replica proprio de Il Figlio, ci ha accordato con grande disponibilità e gentilezza un‘intervista. Adesso lasciamo la parola al giovane attore. Partiamo dal personaggio di Nicola. il protagonista del Figlio. La sua interpretazione, a detta del pubblico e della critica, è stata memorabile. In effetti lei si è calato perfettamente nel personaggio. Cosa è Nicola per lei? Beh Nicola sicuramente è un personaggio che inizialmente era molto difficile da afferrare, anche perché io quando ho letto il copione non ero assolutamente sicuro che sarei stato in grado di portarlo a termine, di farlo come meritava. È un personaggio sulla carta molto difficile che poi si è rivelato molto più semplice di quanto pensassi una volta che abbiamo iniziato le prove; perché la scrittura di Zeller è molto precisa e quindi facilità molto il ruolo dell’attore, nel senso che quando le cose sono scritte bene la qualità recitativa aumenta per forza di cose, perché è più semplice immedesimarsi e calarsi nelle emozioni che vivono i personaggi. In questo dramma lei ha avuto come antagonista un attore “navigato” come Cesare Bocci. È stata una esperienza costruttiva?  Si molto, Trovo che  sia un attore bravissimo, non lo definirei il mio antagonista in scena  perché sinceramente non credo che sia un vero antagonista, è più un aiutante di Nicola, aiuta però nel modo sbagliato questo ragazzo;  esclusa la scena del litigio che è il culmine di questo rapporto, non c’è un antagonismo tra i due. Con Cesare mi sono trovato molto bene, credo che abbiamo fatto un bel lavoro, anche sul palco è uno di quegli attori che mi riesce a trasmettere un’energia viva in qualche modo, a cui riesco ad aggrapparmi per poter recitare anche io al meglio.  E come si è trovato in genere con la compagnia? Tutti sono stati veramente fantastici, sono stato accolto veramente bene anche perché alla fine sono il più giovane, ma devo dire che c’è stato subito un bel clima, ci siamo subito trovati molto bene fra di noi, quindi abbiamo organizzato cene, uscite. Devo dire che dal punto di vista di gruppo di lavoro a mio parere il rapporto è ottimo, anche perché, almeno dai racconti che mi sono stati fatti, non tutte le compagnie sono così, quindi penso di essere stato molto fortunato. Il suo esordio, se non erro, è stato nel 2018 in Tutto il mio folle amore di Gabriele Salvatores, in cui interpretava il ruolo di Vincent, altro ragazzo “difficile”.  C’è qualche affinità con Nicola? Non è stato il mio esordio in realtà, la mia prima attività a livello professionale è stato uno spettacolo di teatro, Hikikomori, che aveva molto più a che fare con Nicola piuttosto che con Vincent: si trattava di un ragazzo che era chiuso in casa, appunto con la sindrome degli Hikikomori. In realtà  tra Nicola e Vincent non vedo affinità perché si tratta sì di due disturbi psichiatrici, ma completamente diversi, uno ti permette comunque di confrontarti con il mondo ad armi pari e l’altro, l’autismo, no. Poi ovviamente queste armi “pari” non lo sono per niente, perché il problema psicologico forse è ancora più devastante rispetto all’autismo, in quanto se sei affetto dall’autismo parti dalla condizione di sapere che c’è quella cosa lì e che non potrà mai andare via; invece è più difficile da accettare secondo me un problema psicologico come il bipolarismo, la malattia di cui è affetto Nicola, perché hai piena coscienza di quello che ti succede e allo stesso tempo non riesci a governarla. Quindi a parer mio è una cosa in qualche modo ancora più atroce.  E con il personaggio che lei ha interpretato nella scuola cattolica? No assolutamente no, anche perchè lì vi è un personaggio (Andrea Ghira) per interpretare il quale ho avuto un lavoro molto più breve, di due giorni,quindi non mi sono riuscito a calarmi più di tanto in lui, nonostante sia contento del risultato e del lavoro che abbiamo fatto col regista e col restodel cast; però no, non lo definirei paragonabile con Nicola anche perché uno è cattivo e l’altro è fondamentalmente un buono. Anche se Nicola è “bugiardo” le sue sono bugie in realtà con cui cerca di schermare questa sua pelle quasi trasparente che ha, perché poi è come se vivesse tutte le emozioni quadruplicate a differenza di una normale persona.  Data la sua età, è inevitabile che lei interpreti personaggi giovani. C’è qualche “tipo” con cui sente particolare affinità?  In realtà sono stato molto fortunato a mio parere come attore, perché di solito ti danno sempre da fare il “ragazzo di 17 anni qualunque”, poi io sono romano quindi tantissime produzioni avvengono a Roma ed è molto facile cadere nel” teen drama”; peraltro ho finito di girare adesso la mia prima serie giovanile  ed è stata la prima volta che avevo un “personaggio non personaggio”, un ragazzo di 17 anni qualunque che si ritrova in una storia. Un mio amico attore molto bravo una volta mi ha detto, quando dovevo decidere se accettare di fare questa serie giovanile: “Che ti frega tu non hai mai fatto personaggi giovani?” E questa è una cosa vera in quanto io ho interpretato: uno che è stato un massacratore, un ragazzo con l’autismo, quando ho fatto comedians facevo la parte di un quasi pazzo. Nicola poi è sì un ragazzo di 17 anni, ma c’è un impegno attoriale maggiore, più complesso, perché c’è un disturbo psicologico, psichico. Quindi in realtà sono stato molto fortunato da questo punto di vista, anche adesso ho fatto un altro film in cui ho interpretato un personaggio che non era “canonico” per un ragazzo di 17 anni, quindi da questo punto di vista sono molto contento, anche perché mi annoiano un po’ i personaggi semplici.  Si sente più a suo agio sul palcoscenico o sul set? È una domanda complessa, in realtà mi sento a mio agio su entrambi. Il lavoro che si fa sul palcoscenico è un po’ più complesso perché non ci si può fermare; anche banalmente quando uno ad esempio si mangia una parola, a teatroè decisamente più imbarazzante che nella fiction, perchè lì se ti mangi una parola, vai avanti, o ti fermi e ricominci. Nel teatro invece non puoi mai fermare e ricominciare, quindi se fai un disastro sul palcoscenico, quello è il tuo banco di prova immediato e il pubblico reagirà male. Quindi forse è  più complesso mantenere uno spettacolo di 1h e 45 minuti rispetto a fare una scena3/4/5 volte, c’è da considerare anche la complessità della ripetizione quando non sei abituato, quando magari passi da una serie tv in cui giri anche 8,7,6 scene in un giorno, a fare lo stesso spettacolo di 1h e 45 minuti per 40/50 giorni tutte le sere: c’è molta differenza, sono impegni molto diversi tra loro secondo me. Può raccontarci qualcosa della sua formazione e dei suoi esordi? C’è qualche personaggio che per lei è stato particolarmente significativo? In realtà non ho avuto una grande formazione, ma mi sono formato sul campo, perchè tralasciando il fatto che sono ancora giovane, ho tentato di entrare in una tra le accademie più conosciute in Italia facendo dei provini, ma sono stato scartato. Ho iniziato da piccolo a livello”amatoriale”, successivamente per un paio di anni ho incominciato a fare teatro più seriamente e poco dopo mi hanno preso per la parte in “ hikikomori” quando avevo appena 18 anni. Dopo sono stato preso da Salvatores per fare il film e da lì è statotutto più in discesa. Questo film è stato possiamo dire il mio esordio, ovvero la prima vera cosa grossa che ho fatto, è stato uno slancio per la mia carriera e vi ho recitato in maniera molto rilassata, forse per incoscienza, ma me la sono goduta a pieno e forse è stata una delle esperienze più belle della mia vita; anche perché  abbiamo fatto un vero e proprio viaggio durato due mesi e mezzo, siamo andati prima a Trieste, Slovenia, Croazia e davvero e stato molto bello, anche perché non sentivo quella pressione di dover “far bene” dato che non avevo precedenti cinematografici, come invece ho avvertito ad esempio nel secondo film. Adesso con il teatro mi sono di nuovo tranquillizzato.  Il personaggio più significativo per me è Vincent, infatti è stato il mio primo ruolo importante e anche rivedendomi sono molto soddisfatto di quello che ho fatto; e anche il personaggio che sto interpretando ora, Nicola, penso che abbia messo d’accordo e sia piaciuto a molte persone, anche se io essendo l’attore non saprei darmi un giudizio. Cosa significa essere un attore affermato a 25 anni? Non credo di essere un attore affermato: nel mondo del cinema, più che in quello teatrale, per essere affermato si intende essere chiamato dai registi senza dover fare come succede a me i self tape, ovvero senza doversi andare a proporre ai registi;  mi manca ancora molto, sto passando tutto quello che è la procedura di gavetta di quelli che iniziano il percorso lavorativo, in cui ancora me la gioco alla pari con tanti altri attori. Quali sono i suoi progetti per il prossimo futuro? Per ora, dopo questo spettacolo ho finito, tra poco dovrebbero uscire tutte le ultime scene che ho girato, ma appunto per il momento dopo il 13 marzo sarò di nuovo ” disoccupato”, come succede spesso a noi attori. Speriamo di cuore non per molto e ringraziamo ancora Giulio Pranno per la disponibilità e gli auguriamo un grande in bocca al lupo per i suoi prossimi lavori, con la certezza che manterrà la sua schietta semplicità e simpatia.

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