L’intelligenza artificiale e creatività possono coesistere serenamente o può essere una minaccia per l’arte? Quest’idea di collaborazione con la macchina nell’ultimo periodo è molto discussa, anche se non è un’argomento del tutto nuovo.
I primi fermenti riguardanti la questione sono sorti sin dagli anni cinquanta: nel 1953 lo psicologo e ingegnere inglese Gordon Pask progettò un sistema computerizzato in grado di produrre uno spettacolo luminoso in risposta a degli stimoli sonori, chiamata Musicolour.
Negli anni Cinquanta del secolo precedente, il computer già veniva percepito come un possibile partner creativo, con il quale si potesse stabilire un dialogo volto a produrre effetti altrimenti impossibili. Un approccio, questo, che verrà adottato anche da molti altri autori nei decenni successivi, ad esempio con Aaron, software che è il pioniere dell’uso artistico dell’intelligenza artificiale; Harold Cohen ( 1928-2016) colui che lo sviluppò come la sua “seconda identità” scriveva: “La creatività non risiede né nel programmatore né nel programma, ma nel dialogo tra programma e programmatore”. 1)
Ma la questione più discussa è sicuramente se questa intelligenza artificiale, a lungo termine sarà una minaccia arrivando al punto di sostituire gli artisti e la loro creatività.
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Nei decenni successivi, infatti, quando le prestazioni dei computer si faranno sempre più efficaci, le macchine verranno percepite maggiormente come entità pericolosa e ambigua.
Con il passare degli anni questa opinione seppur molto diffusa ha cominciato a virare in una direzione diversa, come scriveva lo storico americano Melvin Kranzberg negli anni Ottanta, “la tecnologia non è buona né cattiva; ma non è neanche neutrale”. Questo significa che al di là delle scelte individuali, l’influenza delle innovazioni tecnologiche tende a modificare il senso estetico.
Oggi sembra invece che questa visione sia per la maggior parte superata.
Per esempio, in una recente intervista Pupi Avati, produttore cinematografico e scrittore italiano sostiene che: “I veri creativi non devono temere, poiché la loro creatività origina dal dolore patito nella vita, dal senso di inadeguatezza, dalla vulnerabilità e dalla fragilità. Questi sono elementi che l’intelligenza artificiale non possiede“. Come se l’arte sia originata da un grumo oscuro inafferrabile, con i suoi mezzi, cerca di illuminare.
E ancora come suggerisce Benedetto Croce, dell’arte non esiste una definizione univoca e assoluta: tutti in modo innato sappiamo che cosa sia l’arte, ma ogni teoria estetica e ogni pratica critica tentano di approssimarsi al suo concetto che inevitabilmente finisce per sfuggire di mano. L’arte è un segreto a tutti gli uomini familiare e che l’intelligenza artificiale non potrà mai conoscere.
Nell’ultimo anno il dibattito si è fatto sempre più acceso, incoraggiato dall’espansione del raggio d’azione delle istituzioni artistiche.
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Nel campo dell’architettura, l’artista e designer Hassan Ragab che sfrutta l’intelligenza artificiale per trasformare le città, creando quelle che lui stesso chiama opere di “architettura concettuale”. Tra i suoi progetti più conosciuti c’è “The city is a tram”, che ritrae la città natale di Regab come una metropoli a forma di tram. Il designer ha utilizzato un software accessibile a tutti per creare immagini a partire da input a comando testuale. Secondo Regab questo strumento di intelligenza artificiale, chiamato “Midjouney” non andrebbe in alcun modo a sostituire la creatività dell’artista, ma bensì la accompagnerebbe.
Inoltre grazie alle nuove tecnologie, musei e gallerie possono ora offrire esperienze artistiche coinvolgenti e interattive online, abbattendo le barriere geografiche e consentendo a un pubblico globale di ammirare opere d’arte senza dover viaggiare fisicamente. Questa evoluzione ha permesso agli artisti di raggiungere un pubblico più vasto.
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Anche in Italia nell’ultimo periodo ci sono stati dei progressi, nasce infatti I-Muse, l’app che utilizza l’intelligenza artificiale con l’obiettivo di migliorare l’esperienza di visita nei musei. Il progetto nasce dalla collaborazione tra Università di Torino e Politecnico, con il sostegno di Fondazione Compagnia di San Paolo nell’ambito della prima edizione del bando Intelligenza Artificiale.
La sperimentazione parte da Torino e coinvolge otto musei: Reggia di Venaria Reale, Museo Egizio, Palazzo Madama, GAM, Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea e MAO, Museo d’Arte Orientale, Museo Nazionale del Cinema, Museo Nazionale dell’Automobile e Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli.
I-Muse, intende migliorare l’esperienza di visita, proponendo percorsi personalizzati, approfondimenti suggeriti sulla base delle loro preferenze e la possibilità di scoprire sia le opere esposte sia quelle custodite nei magazzini e archivi.
Ad oggi l’IA viene piuttosto considerata come una collaboratrice dell’artista e non più come una rivale per la propria creatività.
1) https://www.artribune.com/progettazione/new-media/2023/06/arte-intelligenza-artificiale-storia/