Lo si può considerare uno spettacolo colmo di emozioni e di forti contrasti psicologici ed ideali, quello che riprende le fila narrative dell’ultimo romanzo di Fëdor Dostoevskij : I fratelli Karamazov. Un libro che ambientato nella Russia di fine ‘800, racconta le sventure di una famiglia con un passato assai difficile. Il capofamiglia nonché il padre dei quattro figli, Fëdor Pavlovič (interpretato da Glauco Mauri), è un ubriacone, volgare e dedito solamente ai suoi interessi. Ha avuto come primo figlio Dmitrij , il quale per disinteresse del padre è cresciuto sotto le attenzioni della servitù. Questo ha dato inizio ad un accumulo di sentimenti di odio nei confronti del padre fin dalla prima età. Fëdor, risposatosi, una seconda volta ha poi i figli Ivàn (Roberto Sturno)  e Aleksej che poi crescendo si troveranno ad imboccare strade completamente opposte. L’ ultimo figlio, avuto da una prostituta è invece Smerdjakov.

La trama e i personaggi del racconto sono ripresi da Glauco Mauri e Matteo Tarasco che dal 29 gennaio al 3 febbraio portano in scena in prima nazionale il loro spettacolo al teatro fiorentino della Pergola. In un teatro abbastanza pieno il sipario si apre in un monastero ortodosso, dove la famiglia Karamazov si reca per essere ospite dello starec Zosima, al fine di chiarire il malinteso che poi sarà il centro della narrazione. Aleksej è di casa al luogo sacro, essendo uomo di fede e devoto allo starec.

Una semplice questione d’amore, una donna al quale sia Fëdor che Dimitrij ambiscono : Grušenka, donna molto passionale. Dall’ altra parte c’è invece Katerina, innamorata di Dimitrij, ma allo stesso tempo attratta da Ivăn, che ricambia i suoi interessi.

Una lotta continua di interessi, di amori falsi e non ricambiati, di avarizia. La colpa è di un pensiero che accomuna tutti, il male che si cela nel profondo dell’anima dei Karamazov, un male che deriva dal padre e che è impossibile trascurare perché anche inconsciamente agisce allo oscuro. Una forte accusa comprensibile linearmente con lo sviluppo della scena.

Le peripezie prendono una svolta importante quando Dimitrji, sempre più invaghito di Grušenka, si reca a casa di Katerina  per riferirle che la saluta per sempre, con un inchino ( riferimento ad uno dei loro primi incontri). Da qui in poi l’atmosfera si caricherà sempre più intensamente di negatività fino a esplodere con un omicidio. Dopo un dialogo fra Ivăn e Aleksej, dove visibilmente vengono contrapposte la fede e la razionalità la famigli al completo si ritrova a casa del padre, dove alimentate le tensioni già molto forti, Fëdor verrà ucciso. Un omicidio ben pianificato, commesso nel giardino di casa dove il povero uomo, ubriaco come al solito, stava cercando Grušenka sicuro di averla sentita e tradito da uno dei suoi figli che con un falso segnale lo aveva fatto uscire di camera. La colpa ricade su Dimitrji, avendo più volte dichiarato che se avesse visto la sua donna dal padre non avrebbe esitato a ucciderlo.

Una famiglia distrutta dai comportamenti immorali e meschini di un padre assente ed egoista, emblema dell’avarizia e circondato dal peccato. Come dice Glauco Mauri :”oggi come oggi, la famiglia Karamazov, purtroppo è un esempio di questa nostra società così incline all’ incapacità di comprendersi e di aiutarsi “. Nell’ ultima scena, quando tutti si ritrovano a casa del defunto Fëdor, sarà rivelato il vero colpevole del delitto, uno dei figli rimasto invisibile aglio occhi della legge.

Le scene ( di Francesco Ghisu ) sono semplici ma ben articolate grazie ad un gioco di spostamenti di pareti mentre costumi (Chiara Aversano), musiche (Giovanni Zappalorto) e luci (Alberto Biondi) rendono l’ idea di tragico presente nell’ opera. Concluso con un pubblico più che soddisfatto dalla bravura degli attori e generoso di applausi, durante le 2 ore e 15 minuti di messa in scena, grazie all’ ebrezza provocata dall’ alcol del padre si sono sentite anche delle risate, necessarie per spezzare la forte tensione.

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