Torna al Maggio Musicale Fiorentino un grande classico del teatro lirico: la Carmen di Georges Bizet. Il titolo, capolavoro ultimo del compositore francese, venne messo in scena per la prima volta nel 1875, da allora, dopo un primo insuccesso, si è inserito all’interno del repertorio come una delle opere più conosciute ed apprezzate dal pubblico, grazie alle sue celebri arie e la sua musicalità frizzante e seducente, che non ha mancato di suscitare scroscianti applausi anche al teatro fiorentino.
Meritatissima standing ovation per Zubin Mehta, che è riuscito a guidare l’orchestra del Maggio Musicale Fiorentino ed i cantanti sul palco in un’interpretazione del celebre titolo che è riuscita a sottolineare, con grande bravura, le punte più brillanti della partitura, sia nei momenti di ebrezza che in quelli più profondi e drammatici, emozionando il pubblico dall’inizio dello spettacolo. A questo proposito va un plauso all’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, che si è rivelata ancora una volta di altissimo livello risultando una delle colonne portanti dell’amata istituzione fiorentina.
La regia, a cura di Mathias Hartmann e Claudia Blersch (assistente alla regia), è forse un po’ disordinata, con masse di artisti del coro che sono costretti a ricorrersi da un lato all’altro del palco e cantanti che si devono destreggiare tra gli artisti del coro distesi a terra. Risulta quindi difficile in alcuni casi far risaltare i cantati protagonisti, che si trovano immersi in un “contesto – potremmo dire – privo di contesto”. Le scene infatti (riprese da una messinscena del 2009 all’Opernhaus di Zurigo, a cura di Volker Hintermeier) dallo stile fortemente minimalista, non sembrano alludere a nessun ambiente particolare, eccezion fatta per le uniformi della guardia che si trasformano in quelle della polizia italiana ed un ombrellone, che più che ad una piazza di Siviglia sembra alludere ad una spiaggia. L’impressione quindi è quella di essere più che in Spagna in un paesino del Sud Italia, con tanto di cagnolino sulla ribalta e madonnina sul palo della corrente (nel bel mezzo di un’osteria). La scelta della piattaforma inclinata potrebbe rappresentare l’intuizione più oculata per quanto riguarda la scenografia, forse tentativo di mettere in risalto la visione completa di ciò che sta accadendo sul palco. Belle le luci a cura di Valerio Tiberi, che forse con un fondale differente sarebbero state maggiormente valorizzate.
Una Carmen inizialmente spenta quella di Clémentine Margaine, con un’interpretazione della celebre Habanera che ha peccato forse di verve, con un’emissione più debole ed affannosa di quella che ci aspetteremmo per una figura forte come Carmen, non riuscendo di conseguenza a cogliere le sfumature proprie del famoso personaggio. Qualche imprecisione anche sulla dizione, che è risultata forse un po’ imprecisa e a tratti poco comprensibile; viene però bilanciata dall’intonazione impeccabile. Il mezzosoprano si è poi ripresa dal secondo atto in poi, rimanendo però un po’ più debole nei recitativi. Rimane comunque una delle più applaudite dal pubblico, anche se quest’ultimo nel primo atto si era giustamente rivelato più distaccato.
Ottima performance per Francesco Meli, un Don Josè tormentato dal dissidio tra amore e dovere. Buona dizione ed un intonazione quasi sempre impeccabile, con appena qualche piccola sbavatura. La recitazione rimane forse un po’ piatta e troppo evidente, lasciando in certi momenti, come nell’ultimo atto, il compito di trascinare il pubblico all’orchestra. Nel complesso rimane una buona prova per il tenore, che brilla forse più sul piano vocale che su quello della recitazione.
Molto bravi gli altri componenti della compagnia di canto che si sono rivelati, forse più dei cantanti protagonisti, delle piccole perle che hanno saputo tenere il pubblico incollato alle poltrone. Bravissima Valentina Naforniță, una Micaëla brillante, dall’intonazione ed il timbro squillanti e cristallini, che è riuscita ad incarnare perfettamente il personaggio. Molto buona anche la performance di Mattia Olivieri, con un Escamillio brioso ed energico che ha colpito il pubblico con il suo “Toreador… en garde”. Ottime performance anche da parte di Aitana Sanz Pérez nel ruolo di Frasquita e di Xenia Tziouvaras nel ruolo di Mercédès. Lo stesso vale anche per la parte maschile con William Ernandez nel ruolo di “Le Dancaïre” e Lorenzo Martelli in quello di “Le remendado”.
Applausi anche per il Coro delle voci bianche dell’Accademia, guidato da Sara Matteucci, ed il Coro del Maggio Musicale Fiorentino di Lorenzo Fratini, che hanno riscosso molto successo grazie alla loro performance impeccabile.
In conclusione quindi una Carmen che sarebbe potuta andare meglio, non riuscendo a stupire come ci si aspetterebbe da un titolo come questo… colpa forse delle aspettative troppo alte?
Ora il Maggio Musicale Fiorentino si prepara per il suo 85esimo Festival ormai alle porte, con le rappresentazioni del Don Giovanni di Mozart ed i successivi Othello e Falstaff di Verdi.