Ci sono voluti oltre vent’anni e numerosi appelli per arrivare alla fine di una questione che sembrava non avere termine. La Loggia Isozaki, progetto di rifacimento dell’uscita delle Gallerie degli Uffizi a Firenze ad opera del vincitore del bando del 1998, l’architetto giapponese Premio Pritzker Arata Isozaki (Oita, 1931 – Naha, 2022) è stata definitivamente bocciata. Tra gli “artefici” di tale conclusione il sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi che da sempre si è opposto alla realizzazione del progetto dell’architetto giapponese. I lavori per la costruzione dell’opera si congelarono agli inizi degli anni 2000, quando lo stesso Sgarbi, già nel ruolo di sottosegretario, manifestò i suoi forti dubbi a riguardo del progetto dell’architetto giapponese . A complicare le cose si sono aggiunti dei resti archeologici ritrovati proprio nel luogo destinato agli scavi della loggia, appartenenti con quasi totale certezza alle antiche mura della città. Una vicenda sfortunata che sembrava aver trovato pace quando nel 2020 il ministero stanziò 12 milioni di euro per la realizzazione dell’opera contemporanea, nonostante i pareri discordanti del Consiglio superiore dei beni culturali; ma le risorse non furono mai impiegate. Oggi, il quadro è chiaro, la loggia Isozaki-Maffei non si farà: ad aiutarci a comprendere meglio alcune dinamiche della questione è la professoressa Simonetta Bartolini, che insegna Letteratura italiana moderna e contemporanea all’Università UNINT di Roma e che ha partecipato attivamente alla vicenda.

 Dopo una storia travagliata, dopo quasi 25 anni di stop and go, finalmente siamo giunti al no definitivo per la costruzione della Loggia di Isozaki-Maffei come nuova uscita degli Uffizi. Come si è arrivati a questa scelta e quale è stato il suo ruolo nella vicenda?

“Dunque, il Consiglio superiore dei beni culturali era già stato interpellato nel Luglio del 2020  e aveva espresso un parere il 6 agosto seguente, dicendo di non avere sufficienti dati per poter deliberare e, soprattutto, che sarebbe stato opportuno un supplemento di indagine anche per vedere se si poteva pensare a un’ipotesi alternativa. Nonostante questo parere richiesto dal capo di gabinetto del ministro, che allora era Franceschini e che in definitiva non era un parere positivo, il ministero stanziò comunque 12 milioni di euro per le due annualità 2021 e 2022. Poiché lo stanziamento deciso dal ministero non aveva comunque fatto iniziare i lavori per la realizzazione della Loggia, il Ministro Gennaro Sangiuliano, attraverso il Capo di Gabinetto si è nuovamente rivolto al Consiglio Superiore per un parere in merito. Come da prassi in questi casi, ovviamente all’interno del Consiglio viene incaricato uno dei consiglieri di fare una relazione su quello di cui si richiede il parere, quindi nella fattispecie della Loggia di Isozaki. Io sono stata incaricata appunto di fare una relazione sulla storia di questa pluridecennale vicenda. Alla fine siamo arrivati appunto a dare un parere negativo sull’impiegare questi fondi e abbiamo detto che sarebbe stato opportuno pensare a qualcosa di alternativo.”

Ci sono stati pareri contrastanti all’interno del Consiglio? E’ stata una decisione difficile da prendere? In particolare qual è stata la posizione del ministro?

“La risoluzione è stata presa all’unanimità. Anche perché la storia della Loggia parlava da sola, nel senso che è una un’opera estremamente costosa che provoca uno sbancamento importante nell’area antistante all’edificio degli Uffizi; quella che insiste su via Castellani e che già con i primi saggi che sono stati fatti ha fatto rinvenire dei reperti archeologici, sembra di mura di cinta della città antica. E per poter procedere poi operativamente e quindi realizzare l’opera ci sarebbe stato bisogno di realizzare dei plinti di fondazione molto profondi, per poter ancorare colonne in acciaio e in cemento armato di 24 metri: dunque scavi importanti che avrebbero probabilmente portato alla luce nuovi reperti archeologici. A questo punto quasi certamente si sarebbe riaperta la questione che già si era aperta anni fa: “Cosa facciamo di questi reperti archeologici? Si possono togliere da lì e mettere da qualche parte? Bisogna lasciarli in loco?” La questione non era certo trascurabile. Poi c’era un altro problema che presentava la loggia Isozaki sin da quando fu bandito il concorso al quale parteciparono illustri architetti, fra cui Botta, Foster, Gae Aulenti. Tra l’altro c’era il progetto di Botta che era molto bello in quanto all’avanguardia che immaginava l’uscita come un giardino con degli alberi e con una fontana se non ricordo male. Era sicuramente in anticipo sui tempi, perché ora le nuove linee di indirizzo dell’architettura, per quanto riguarda l’arredo urbano (basti pensare a Boeri a Milano) è quella di inserire il verde il più possibile. Era stato quindi poco lungimirante aver scelto la soluzione dell’architetto giapponese che secondo la sua idea avrebbe dovuto dialogare con la loggia dei Lanzi che stava dall’altra parte del palazzo degli Uffizi, su piazza della Signoria. Ma a parte questo, il progetto scelto dalla commissione internazionale avrebbe sconvolto secondo molti studiosi l’armonia del luogo, su cui insistono il retro degli Uffizi, la biblioteca Magliabechiana e la magnifica loggia del Saturno, progettata dal Vasari, che doveva essere il luogo dal quale si vedevano dalla città le colline intorno a Firenze: si tratta dell’invenzione vasariana del paesaggio visto dalla città. Ecco la loggia di Isozaki avrebbe stravolto anche questo “sguardo”, che essendo una delle invenzioni vasariane non è cosa da poco. Un’ultima cosa che abbiamo notato e che è stata è stata fatta notare negli anni: è un po’ stravagante, anche da un punto di vista semantico, parlare, come ampiamente si è fatto, di una uscita monumentale. Si fanno le entrate monumentali, non le uscite. E anche questa è una cosa che torna poco e che ha poco senso nell’ambito della grammatica e della sintassi dell’architettura. E dato che tutte queste criticità non sono venute meno nei 25 anni che sono trascorsi da quando la loggia di Isozaki fu prescelta, è chiaro che a questo punto il Consiglio, all’unanimità, ha detto che non è sensato farla. La decisione del Consiglio ha tenuto anche conto del fatto che non si andava a distruggere qualcosa che già era stato fatto, ma ci si limitava a dire: “va bene Isozaki ha vinto il concorso internazionale, è stato pagato come vincitore, però dopo 25 anni il progetto che oltretutto che non sottostava più alle nuove norme antisismiche, non è valido come uscita degli Uffizi. C’è da augurarsi che si giunga piuttosto a una soluzione alternativa, meno complessa e magari anche meno costosa.”

Allora, dopo tutte le critiche ricevute, viste le difficoltà previste nell’inserimento urbano dell’opera, secondo lei quali sono stati i punti a favore di Isozaki che gli hanno permesso di vincere il concorso?                     

“Ah, questa è la domanda al centro della questione, quanto mi piacerebbe saperlo! E’ veramente incomprensibile perché abbia vinto quell’opera, io non le so dare una risposta. Forse hanno privilegiato l’idea di questo architetto giapponese. Vede molto spesso nelle questioni appunto dell’arte, dell’architettura, hanno buon gioco tutte quelle che sono le affabulazioni intorno alle motivazioni che presiedono ai progetti stessi. Qui l’affabulazione era quella del dialogo fra una loggia moderna e una loggia antica, quella dei Lanzi, e avranno pensato che ci potesse essere una bella intesa fra le due. Come però le ripeto, non so veramente per quale motivo fu fatta quella scelta. Io mi ricordo, perché a suo tempo seguii la vicenda, di aver visto tra i progetti quello dell’architetto Botta che era veramente un progetto semplice ma efficace. Prima che il concorso fosse bandito era stato scelto Michelucci per studiare l’uscita del palazzo degli Uffizi, e proprio lui, che era già quasi centenario, si appassionò alla cosa e fece un progetto che era molto bello perché prevedeva una vera da pozzo al centro della piazza e una lanterna all’uscita con una sfaccettatura di cristalli che richiamasse l’idea anche di quello che c’è dentro gli Uffizi. Poi però Michelucci morì e la sua scuola, in particolare l’architetto Sacchi, che aveva lavorato con lui, presentò alla Sovrintendenza nel 1992 il plastico del progetto; ma per il fatto che il suo ideatore ormai fosse morto si decise che non sarebbe stato il caso di realizzarlo e quindi fu accantonato. Una uscita davvero sfortunata!                                                   

Sicuramente ha seguito il botta e risposta fra il sindaco Nardella e Sgarbi, come giudica l’uscita di Nardella “La loggia di Isozaki è una figuraccia mondiale”? Cosa ne pensa al riguardo?                                

Una figuraccia mondiale, addirittura? Intanto, detto inter nos, temo che in Italia, fuori Firenze, se ne siano accorti in diciotto di tutta questa faccenda, tranne i fiorentini giustamente. Purtroppo, ormai non c’è nulla di così eclatante che coinvolga il mondo intero (guerre a parte ovviamente), quindi figuriamoci una cosa come questa. Poi non è comunque una figuraccia: è stato un progetto che ha suscitato moltissime polemiche. Molti erano a favore, moltissimi erano contrari, quindi già un progetto che provoca così tante polemiche e una polarizzazione così importante non è sicuramente positivo. Se vogliamo proprio parlare di figuraccia, forse chi l’aveva fatta era stata la Commissione che aveva scelto Isozaki e aveva provocato queste polemiche, non chi poi dice: “visto come stanno le cose, non ne facciamo di niente”.  Parlare di figuraccia mondiale mi sembra piuttosto, e mi dispiace, una enfatizzazione determinata ovviamente dalla contrapposizione politica come sempre accade da noi: la politica di parte, quella che polarizza il discorso a fini squisitamente propagandistici o ideologici dovrebbe sempre rimanere fuori dalle cose dell’arte. Non sempre questo è possibile; ci dispiace, ma ce ne faremo una ragione. Però sarebbe bello e opportuno che, quando si parla di appunto di arte, di architettura, di cultura letteratura la politica partitica rimanesse fuori.”

Mi ha citato due progetti che, secondo lei, sarebbero stati molto validi, quello di Michelucci e di Botta. Secondo lei da qui a non dico poco, perché sicuramente è impossibile, ma nel giro di qualche anno, magari in questo decennio, verrà fuori una nuova soluzione? Magari proprio seguendo le tracce dei due architetti italiani, oppure il tutto verrà lasciato a stagnare per molto tempo?

“Io credo di sì. Tra l’altro c’è già una soluzione alternativa, che Sgarbi ha presentato anche alla stampa: non una soluzione pensata tra l’altro da architetti, ma soprattutto da chi si occupa di giardini e che a me personalmente devo dire non dispiace. L’idea di un giardino come uscita la trovo anche molto gradevole: mi sembra un progetto non invasivo, rispettoso e che poi soprattutto, come è giusto quando si fa qualcosa di contemporaneo, non impegna l’architettura preesistente stravolgendola, ma la rispetta. Credo che l’interlocuzione antico moderno abbia un senso, per quanto riguarda le città, quando queste si allargano e allora giustamente non si può progettare una periferia – non uso periferia in senso negativo, ma semplicemente come luogo lontano dal centro – come nel Medioevo si era fatto il Centro di Firenze. No, sarebbe ridicolo. Sarebbe un falso storico. Però ha senso pensare ad una città che cresce come gli anelli di un albero: quelli più lontani dal centro risentono e vengono influenzati dalle nuove tendenze le nuove epoche, i nuovi gusti, le nuove estetiche; poi in un futuro lontano qualcuno giudicherà cosa era meglio, o più efficace, o più bello. I dialoghi che piacciono tanto a chi cerca di insinuarsi nell’estetica del passato facciamoli a distanza –  “al telefono” – e lasciamo stare l’antico alla sua vita centenaria”


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