Nel corso dei secoli, gli scavi archeologici in Egitto non hanno mai smesso di riservare sorprese e l’ultima scoperta che è stata recentemente dichiarata sui social ha lasciato tutti a bocca aperta.
Si tratta della “città d’oro perduta“, un insediamento urbano che risale a 3400 anni fa, scoperto sulla riva occidentale del Nilo nella zona di Luxor, vicino alla Valle dei Re, 500 km a sud della capitale Il Cairo; secondo gli esperti abbiamo a che fare con la più grande città antica trovata in Egitto che è rimasta sepolta sotto la sabbia del deserto egiziano per millenni senza esser mai stata scoperta da nessuno.
Il nome dell’antica città è “il Sorgere di Aten” (The rise of Aten) risalente al regno del grande faraone Amenhotep III, chiamato anche Amenofi (1391-1352 a.C.); tale città continuò ad essere abitata anche dal faraone Tutankhamon e dal suo successore, Ay.

l’interno della città di Aten


“Aten” è stata riportata alla luce da un team di esperti guidati da Zahi Hawass, archeologo ed ex ministro per le Antichità dell’Egitto, il quale ha dichiarato di aver iniziato gli scavi nel settembre del 2020 fra i templi di Ramses III, a Medinet Habu, e di Amenhotep III, a Mennon, con l’obiettivo di cercare il tempio funerario di Tutankhamon; la straordinaria scoperta è stata quindi frutto del puro caso e della fortuna.
Secondo Betsy Bryan, professoressa di egittologia alla Johns Hopkins University negli Stati Uniti, il ritrovamento è “la seconda scoperta archeologica più importante dopo il rinvenimento della tomba di Tutankhamon del 1922”. La professoressa sostiene che la città perduta ci aiuterà a capire meglio uno dei più grandi misteri della storia egizia: perché Akhenaten e Nefertiti decisero di spostarsi da Luxor, l’antica Tebe, ad Amarna. Oltre a questo enigma, ne vengono segnalati altri due, incontrati dagli archeologi di Hawass: la sepoltura di una persona trovata con le braccia distese sui fianchi e con le ginocchia legate dai resti di una corda, in una posizione piuttosto bizzarra, e quella di una mucca (o di un toro) in una delle stanze di un edificio; in entrambi i casi sono in corso degli studi per trovare risposte più dettagliate.

i resti della mucca posti dentro una stanza


La città è apparsa agli studiosi in buone condizioni di conservazione, con pareti alte fino a 3 metri e stanze piene di strumenti e oggetti legati alla vita quotidiana quali sculture, vasi, statuette, vettovaglie, gioielli (anelli e scarabei), alcuni dei quali ancora finemente decorati.
Il centro nevralgico di Aten era composto da tre palazzi reali e dal centro amministrativo e manifatturiero dell’impero: nella parte meridionale sono stati ritrovati i resti di una panetteria, completa di forni e depositi per le stoviglie, ed edifici destinati ad attività industriali come la tessitura, la produzione di vetro e di mattoni di fango, quest’ultimi utilizzati per la costruzione di templi, contenenti sigilli recanti il cartiglio del re Amenhotep III, a conferma della datazione dell’insediamento; gli archeologi hanno anche ritrovato i resti di numerosi stampi da colata per la produzione di amuleti e delicati elementi ornamentali, i quali dimostrano una vasta attività nella città legata alla produzione di decorazioni sia per i templi che per le tombe.
Dagli scavi è rinvenuta anche una zona recintata da un muro curvilineo avente un solo punto di accesso che conduceva alle vie interne ed alle abitazioni; l’unica entrata testimonia un sistema di sicurezza che permetteva di controllare l’entrata e l’uscita della città. Questi muri ad andamento curvilineo sono rari elementi nell’architettura dell’antico Egitto, utilizzati principalmente verso la fine della XVIII dinastia.
Quella della “città d’oro perduta” è l’ultima di una serie di scoperte archeologiche fatte negli ultimi mesi in tutto il Paese che stanno aiutando gli esperti a comprendere meglio quel che accadde durante le dinastie che hanno governato l’antico Egitto. Il governo de Il Cairo si trova attualmente in una situazione critica a causa della diminuzione dei flussi turistici verso il proprio paese e spera che queste nuove scoperte diano una nuova linfa all’industria turistica duramente colpita dalla pandemia di coronavirus, dagli attacchi dei militanti islamici e dall’instabilità politica degli ultimi anni.

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