Questo è il coro unanime alzatosi a gran voce dalle società dilettantistiche ormai da mesi. Quest’ ultime a inizio stagione, per permettere una ripartenza in sicurezza hanno investito molto denaro. Nonostante ciò, con l’ arrivo della seconda ondata della pandemia sono state  costrette a chiudere di nuovo ogni attività causando una cospicua perdita economica aggravata ulteriormente dall’ incessante arrivo di tasse da versare. Si stima  infatti che circa il 30% delle società dilettantistiche, ad oggi non sarebbero economicamente in grado di ripartire e prossime al fallimento. Questa situazione non è però nata con l’ arrivo della pandemia e la conseguente chiusura di ogni attività. Ciò è frutto di una cattiva gestione che si protrae ormai da troppi anni. Certo, il COVID19 ha fatto la sua parte, andando a peggiorare una situazione già compromessa. Il settore del dilettantismo, di certo non ultima ruota del carro, è stato messo per troppo tempo in secondo piano. A giovarne è stato senza dubbio l’altro settore, quello del professionismo, che negli anni ha conquistato un’ importanza economica sempre più grande, senza tuttavia mai redistribuire adeguatamente i proventi ottenuti. In merito si è espresso Daniele Adani, ex calciatore ed opinionista di Sky, che in un’ intervista ha condiviso un’ idea in difesa del calcio dilettantistico. Essa  prevede che il 5% dello stipendio di ogni calciatore di Serie A sia devoluto al dilettantismo. Sicuramente una proposta molto provocatoria, e allo stesso tempo molto difficile da attuare ma chissà. L’ unica cosa sicura è il decreto “ristori” del 28 ottobre 2020, in cui sono stati stanziati 50 milioni di euro per le società dilettantistiche che sono state costrette a sospendere le attività nell’ ultimo anno. In questi rimborsi sono incluse le società di ogni sport, non solo il calcio. Carlo Tavecchio, ex presidente della FIGC (Federazione italiana giuoco calcio), ha criticato pesantemente il decreto ritenendo la cifra troppo esigua. Ha infatti stimato che il numero delle ASD (associazione sportiva dilettantistica) si aggiri intorno a 80.000 e che quindi il rimborso per ognuna di essa sarebbe di circa 600 euro. Soldi coi quali, a detta sua, non è possibile nemmeno pagare le bollette.

Le società sperano di ripartire al più presto, quanto meno per salvare la parte finale della stagione. Ad oggi, la situazione non è ben chiara: molte regioni affermano di essere in grado di ripartire ma la LND (Lega Nazionale Dilettanti) non ha ancora concesso il permesso causando non poche polemiche. Tuttavia sia FIGC (Federazione italiana giuoco calcio) che LND affermano di star cooperando allo scopo di creare un progetto che permetta una ripartenza in sicurezza e il più presto possibile.  A sottolineare tale sforzo è stato Cosimo Sibilia, presidente della Lega, che più volte ha ribadito la volontà di riprendere i campionati, specialmente quelli di vertice come eccellenza e promozione. Rimane molto improbabile invece, la ripartenza dei campionati minori e di quelli giovanili. E anche se ciò dovesse avvenire la partecipazione dei ragazzi sarebbe a forte rischio. La ripresa dei campionati comporterebbe il bisogno di recuperare le partite non disputate durante lo stop, ad esse va aggiunto inoltre il tempo necessario a raggiungere un’ adeguata preparazione fisica, indispensabile per  prevenire infortuni. Il tutto si andrebbe a sommare agli impegni scolastici dei ragazzi, di certo non trascurabili, specie in un anno così complicato. L’ insieme di tutti questi fattori favorirebbero il fenomeno dell’ abbandono sportivo, che già in precedenza presentava dati preoccupanti: come riportato  dal “CORRIERE DELLA SERA” l’ abbandono nel calcio da parte di atleti minorenni è di circa il 5% nell’ ultimo decennio (circa ben 50.000 ragazzi) .

Per evitare tutto ciò, sta prendendo sempre più piede l’ ipotesi del blocco dell’ annata, avanzata da numerosi addetti ai lavori. Ciò garantirebbe ai ragazzi di non perdere l’anno e quindi dare continuità al loro percorso. In pratica consiste nella ripetizione della categoria e dell’ annata da loro iniziata a settembre. Oltre a consentire una migliore formazione sportiva (soprattutto agli atleti più giovani),  permetterebbe ai giocatori più meritevoli di mettersi in mostra ed ambire a campionati di livello superiore.

In tutto questo sorge spontanea una domanda: perchè il calcio dilettantistico si trova in queste condizioni? Non stiamo parlando di un settore la cui importanza è relativa. Per chi se lo fosse scordato, questo “settore”, conta più di 1 milione di tesserati, tra allenatori, atleti, dirigenti ecc.

È mai possibile che tante società, per sopravvivere siano costrette a basarsi sul volontariato poiché scarseggiano le risorse economiche? Tra queste tantissime sono tra l’ altro ASD. Ovvero società le cui FINALITÀ sono puramente SPORTIVE e NON ECONOMICHE.

Se questi sono i presupposti non si fa fatica a vedere la catastrofe dietro l’angolo. Non solo economica ma anche sociale, tenuto conto il numero di iscritti alla LND. Infatti tutto lo sport è principalmente SOCIALITÀ . Chiusi questi luoghi di ritrovo sicuri e affidabili per tutte le famiglie, dove si incontreranno, discuteranno, si azzufferanno per poi tornare più amici di prima i ragazzi? Insomma il danno economico imminente sicuramente è e sarà grande, ma anche quello sociale sarebbe esponenziale e duraturo nel tempo. Per costruire occorre tempo e fatica, per distruggere occorre un attimo.

Sappiamo che il Paese ha enormi problemi, forse anche più urgenti di quelli che qui presentiamo. Ma magari ripartire dallo sport, dove con un po’ di buona volontà e altruismo, le cose si possono sistemare potrebbe essere un segnale di speranza.

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